L’architettura ludica in 10 punti

 In Architettura ludica, Stili

Dieci concetti di base che caratterizzano le architetture giocattolo. Dallo storytelling all’imitazione, dall’evoluzione stilistica interna alla storicizzazione.

Quali sono i punti di forza delle architetture dei giocattoli? Una variabile significativa è il plusvalore di storytelling, presente nei testi e nelle immagini sulla scatola dell’architettura giocattolo. Il racconto che prende forma sulla scatola ha una funzione determinante, sconfina in una dimensione romanzesca o cinematografica.

La scatola che contiene il modellino racconta una storia particolare che precede quella dell’architettura contenuta nella scatola stessa. In generale nella scatola è presente anche un riferimento alla presenza dei personaggi fittizi che, nel gioco, frequentano e vivono quell’architettura, e ciò contribuisce a dare un’idea di racconto del progetto, che non è mai fine a se stesso ma fa parte di una narrazione.

Big Jim Command Centre, Mattel.

Complementare è poi il discorso legato alle architetture ludiche che si rifanno a una storia interna dell’architettura ludica stessa, non a quella della realtà,

Nell’architettura ludica ci sono due diversi livelli, quello dell’invenzione e quello dell’imitazione. Un esempio appropriato è il castello medievale: ci sono centinaia di esempi dalla fine dell’Ottocento ad oggi, che reinterpretano questo tipo di architettura in chiave di giocattolo. Molto spesso i progettisti di questi manufatti si sono ispirati a modelli veri e c’è un forte criterio di verosimiglianza, Non è difficile ravvisare in quelle forme la fisionomia di castelli realmente esistiti, soprattutto quando si tratta di fortezze realizzate da storiche aziende come Gottschalk o Elastolin.

C’è anche un’evoluzione interna legata a una certa tipologia architettonica: a partire dalla base di un primo castello giocattolo è derivata una serie di altri castelli, con innumerevoli variazioni sul tema e un numero variabile di gradi di separazione. Ciò ha portato una tassonomia notevole e diversificata, dove si segue una strada che a un certo punto si biforca. Si parte con l’imitazione di un castello vero, ma poi, quando c’è la variazione della prima replica, si innesta anche un’evoluzione interna al castello-giocattolo. Come dire, per prima cosa viene realizzato il castello X, che si ispira a un castello della realtà. Poi però subentra la variazione interna: il castello Y modifica parzialmente la fisionomia del castello X, non rifacendosi al modello originario, ma alla versione giocattolo. E anche in questo caso è questione di più o meno gradi di separazione.

Questo discorso è cruciale perché testimonia una trasformazione stilistica interna dell’architettura ludica, che a un certo punto si affranca addirittura dall’ispirazione con l’architettura vera e dà vita a una storia dell’architettura giocattolo. Se si segue attentamente la produzione di aziende come Gottschalk si può definire un percorso stilistico in cui la tipologia del castello cambia continuamente.

Un’altra variabile di cui tener conto è il livello di dettaglio della verosimiglianza. Quanto i castelli giocattolo degli anni Trenta riflettono fedelmente quelli della realtà? Quanti sono gli elementi che caratterizzano in maniera determinante un certo castello?

Se si rimane fedeli al discorso dell’architettura ludica, che per stupire e divertire e sempre vantare un certo margine di manovra, lasciando spazio alla fantasia e alla creatività, bisogna riconoscere che non si può mai esagerare con il livello di dettaglio. Nei monumenti di carta delle images d’Epinal si tende a superare ampiamente il livello di dettaglio, e ne derivano architetture didascaliche. Una vera architettura ludica invece dovrebbe forse rimanere più anonima, meno riconoscibile.

Snake Mountain, Masters of the Universe.

A questo punto si tratta di creare una storicizzazione, una classificazione di queste architetture. Il discorso si complica quando ci si trova di fronte a riedizioni dehli stessi progetti, come nel caso di Castle Grayskull dei Masters of the Universe, che è stato riproposto in diversi momenti. In quel caso si combinano i riferimenti alla tipologia della fortezza presenti nella grande storia dell’architettura, quelli rintracciabili nei vari modelli di fortezze-giocattolo, e i rimandi interni alle diverse versioni dell’architettura ludica in questione.

Un discorso che si ritrova spesso nei set di costruzioni della Lego, per esempio nella Haunted House, la casa infestata, oppure nel “castello”, passato dal famoso “castello giallo” del 1978, di natura dichiaratamente pop, a quelli più verosimili. Ancora una volta è importante considerare anche l’artwork della scatola, utile per decifrare alcuni codici visuali.

Il “castello giallo” della Lego.

Nel Castle Grayskull dei Masters of the Universe c’è tutta una serie di riferimenti importanti che possono essere o meno colti direttamente: dalle carceri di Piranesi, ai mostri dei giardini di Bomarzo, alle copertine delle varie edizioni del romanzo Castle Skull di John Dickson Carr, fino alla grotta dell’Uomo mascherato. Un ulteriore rafforzamento di tale identità viene offerto, naturalmente, dai cartoni animati e dai fumetti dei Masters, ma anche da una audiocassetta realizzata dalla Mattel facendo proprio riferimento a Castle Grayskull. C’è quindi la volontà di rendere multimediali queste architetture, cosa che nella realtà difficilmente avviene.

© Mario Gerosa, Architettura ludica, Edizioni Falsopiano, 2022.

Il libro si trova qui.

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